domenica 14 dicembre 2014

Follow the Trail to a Far Future [Abe]

Una delle tante porte che si apre a fatica
E' l'accesso al mondo triste e grigio
Nel quale annega una donna senza speranze

Come back with me

Coco Aguilar svaccata su uno sporco divano
Osserva la holotelevisione con sguardo assente
Mi fa cenno di entrare e di chiudere la porta

Dice che è il luogo che ha scelto per morire
Lentamente, con un lavoro comune e l'alcol
Non la ascolto, penso alle mie mosse per...

Come back with me

Le mie parole sul mondo, sullo scopo, su un fine
Si infrangono sui solchi spenti del suo viso
Non mi ascolta, non mi vede, non vede niente

Dice che è spezzata, che ha perso la speranza
Racconta ogni cosa senza viverla, troppo stanca
Ma non abbastanza per non offrirmi da bere

Come back with me... please

Non la riconosco, non è lei, dove si è nascosta?
I miei sforzi di cercarla in quel corpo abbandonato
Non mi portano vicino ad alcun risultato

Sto perdendo questa battaglia passo dopo passo
La vedo scivolare via sempre di più o forse mi illudo
Di essere riuscito ad afferrarla, in passato

Mi ritrovo a desiderare il potere assoluto
Per annullare ogni sua volontà e portarla indietro
La odio perchè sta distruggendo anche me

Come back with me... Coco
I won't Abe
Why
My will is dead
You will come

Ridacchia e tossisce, la afferro per un braccio
Scivola come il tempo tra le mie dita, inesorabile
E mi spinge lontano, verso la porta, fuori...

... Fuori dalla sua fine, sulla strada, dove cammino
Per tornare a prendere una nave che mi porterà indietro
Anche se indietro non si può tornare

Si può andare solo avanti o rimanere immobili
Lasciare parti di sè nel mondo con la speranza di smuovere
Qualcuno, abbastanza da sbilanciarlo e farlo camminare

Why
I'm no longer near you.

venerdì 14 novembre 2014

Follow the Trail to Nativity [Abe]

Ho una brutta vita, faccio scelte complicate, produco armi che vengono usate dall'Alleanza.

Parlare con le persone tira fuori il lato peggiore di me.
Mi creo grandi aspettative che poi vengono puntualmente deluse e torno a pensare a quegli anni passati nel Rim, a girare senza sosta in ogni buco lercio, per cercare di rendere un po' meno tronfia la Morte.
Come un fantasma entravo ed uscivo dalla vita flebile di chi si trovava ad un passo dal baratro. E non lasciavo nulla di me, non un sorriso, non una parola di conforto, solo il bisturi e i blister vuoti di medicine.

E poi c'è un salto di anni, fino a questo momento.
Moloko Cortes è uscita da circa una decina di minuti dal saloon ed io sto pensando alle sue parole. Forse c'è un fine più grande che guida i suoi passi, un bene superiore per cui vale la pena di uccidere e massacrare.
Quindi io produco armi per raccogliere soldi per un fine più grande? Che differenza c'è quindi tra me e lei? Entrambi siamo schiavi del mondo e delle nostre ideologie.
Ma non è così, per me.
Produco armi per tenere in piedi un sistema che so poter garantire stabilità ed equità nel futuro, perchè le alternative sono il caos, le dittature militari come quella di Safeport, la morte di centinaia di migliaia di persone in guerre sanguinarie.
Produco armi perchè finchè l'Alleanza appare forte, la Confederazione non inizierà un'altra guerra.

Non c'è un fine più grande.
E' solo un'altra scelta razionale.

giovedì 16 ottobre 2014

Follow another Trail [Abe]

Il plasma rosso si ingurgita gli ultimi piani del Building Sud.
Qualche ora prima, un cambio di programma all'ultimo momento: la mia segretaria ha spostato un appuntamento alla torre Sud di quella sera al giorno successivo.
Così la vedo erodersi, i piani alti collassare. Non li sento, ma so che lì dentro stanno morendo.

Non soffro, non piango, non ne ho il tempo. Sono già attaccato al Cortex per coordinare i soccorsi; qualche giornalista mi chiama, le agenzie vogliono sapere cosa è successo, ma non rispondo.
Jade non era di turno questa sera.

Mi convinco, perchè in fondo so che è vero, che il distacco è fondamentale per poter agire al meglio e con ragione.
Così un bambino che piange viene sollevato di peso dalle mie braccia e allontanato senza grazia dal luogo.
Un uomo con le gambe tranciate dalle macerie rantola i suoi ultimi istanti, in cerca di un conforto che io non ho tempo di dargli. Morirà qualche minuto dopo, un'espressione torta sul suo volto, deformata dall'abbandono e dalla solitudine.
Mi pento di questa mia mancanza.
Ce n'è un altro, che rantola mentre il sangue gli invade gli alveoli polmonari. Gli stringo con forza la mano inginocchiandomi accanto a lui, gli accarezzo la fronte. Vorrei dirgli qualcosa, ma è troppo tardi, è già morto.

Alla fine di tutto, rimane un solo numero da chiamare.
Rassicuro Daphne delle mie condizioni e le affido un nuovo incarico.

giovedì 19 giugno 2014

Follow the Trail to Panic [Abe]

Sono sul tetto della sede della Newsroute.
Conto fino a due, volto le spalle ad un bambino morto, a chi lo sta sorreggendo privo di vita tra le braccia e mi dirigo a soccorrere chi ancora respira ed ha bisogno di me.
Ci ho messo solo un istante a cancellarlo dal mio spirito, come se non fosse altro che un dettaglio poco significativo o addirittura come se non fosse affatto esistito.

La memoria e le immagini di quei momenti riaffiorano più tardi, eppure sono distanti, coperte da una patina di indifferenza.
Ricordo le parole di Carlos, uno dei macellai del Rim con cui ho lavorato, come se me le stesse sussurrando ora nell'orecchio.

Le persone che non sei riuscito a salvare sono come il cerume che si incrosta nelle orecchie Abe.
Più la quantità cresce, più diventi sordo alla sofferenza.

martedì 10 giugno 2014

Follow the Trail to Prevention [Abe]

Due medici in una delle baracche dei quartieri di Maracay, tanto tempo fa.
Quando entro smettono di parlare, mi guardano a lungo, fino a che non appoggio la mia borsa su una sedia senza una gamba.
Allora parlano
"I ricchi bastardi hanno approvato il piano di quarantena" dice uno di loro, non ricordo quasi il volto, forse era una donna.
"Era inevitabile, i focolai si estingueranno, senza più... ossigeno" il macellaio sorride, come solo lui fastidiosamente sa fare.
"E allora che cazzo siamo qui a fare?" la donna si infervora.
Apro la borsa, estraggo una cartina e la appoggio sul tavolo sbeccato in più punti. E' la donna che riprende a parlare mentre il macellaio smette di sorridere e mi squadra torvo.
"Zona Stone?"
Indico la mappa.
"Si dottoressa Martin, è la zona nella quale rimarrò dopo che la chiuderanno in quarantena, questa è quella in cui rimarrà lei, Virginia e questa è quella in cui rimarrà lei, Carlos"
Tutti e tre osserviamo in silenzio la carta, i nostri tre nomi scritti in rosso; nessuno dice una parola.

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Passano le settimane e perdo i contatti con loro.
Elaborato il piano di prevenzione, i focolai si sono spenti, una buona parte delle persone sopravvive. Finito il periodo di quarantena, dopo aver provato sulla mia stessa pelle il dolore della Febbre di Saint Miguel, cerco i miei due colleghi.
E Trovo le loro croci di legno, piantate nel suolo marcio dei cimiteri.
Un prete mi racconta che sono stati degli eroi, ma che il morbo li ha presi e sono morti.

Il piano di prevenzione del signor Stone viene applicato anche agli altri quartieri e in breve tempo nelle altre città del pianeta. In qualche mese la Febbre di Saint Miguel scompare da Richleaf e io con essa.

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"... Ed è per il coraggio e lo spirito di abnegazione nel perseguire l'ideale medico e distruggere uno dei più letali nemici dell'umanità che io dottor Armand Cooper, in rappresentanza dell'università di Capital City, conferisco ad Abraham Stone, la più alta onorificenza medica"
Il diploma di laurea honoris causa mi viene consegnato e io mi volto verso il pubblico che applaude.

Non li sento.
Sono lontano, con i morti nelle strade.


mercoledì 7 maggio 2014

Follow the Trail to Nearness [Abe]

La rabbia, nera come la pece sommerge ogni mia sinapsi, ogni mio pensiero.
Sto per esplodere in mille pezzi e dalla mia Supernova si creerà un immenso buco nero.

Jade si alza faticando a farlo senza l'ausilio dell'altro braccio.
Tutta la mia rabbia viene spazzata via, cancellata dalla fatica della mia compagna.

Il suo dolore come il mio dolore.
La sua colpa come la mia colpa.
La sua fatica come la mia fatica.

E' la prima volta che capisco una persona.

venerdì 2 maggio 2014

Follow the Trail to Consciousness [Abe]

Quasi ogni possibilità di potermi muovere ancora nel Rim è stata cancellata da una raffica di perforanti.
Zoppo, probabilmente a vita; il dolore e la stanchezza sempre pronti a cogliermi in fallo e in pianeti dove essere deboli significa morire, è meglio non metterci piede.

Ero seduto ad odiare chi mi aveva fatto questo, gli alleati che credevo di avere, le persone di cui sentivo di potermi fidare, quando ho capito quando fossi stato cieco fino a quel momento.

L'Afterlife è il luogo che mi ha aperto gli occhi.
Schiere di persone di tutte le età e di entrambi i sessi entrano ed escono da quella porta lercia. Entrano sperando di poter annegare i loro problemi nell'alcol e nella droga ed escono sperando che i loro problemi siano morti soffocati. Puntualmente essi si ripresentano, tornano a tormentarli ed allora il ciclo riprende, ogni sera, ogni giorno di ogni settimana, di ogni mese, di ogni anno.

Per la grande maggioranza dei medici che provengono dal Rim e che hanno vissuto la povertà e la miseria, le cure mediche per cui vale la pena sprecarsi sono quelle che agiscono sul fisico del paziente: interventi chirurgici e somministrazione di terapie per le malattie infettive.
A nessun medico verrebbe in mente che una persona possa non voler essere salvata o non voler essere ricucita per poter respirare ancora.

La realtà del Core è differente, più varia, più atroce.
Una miriade di persone vive una vita spaccata tra i dolori del passato e le speranze del futuro; questa consapevolezza li corrode e li distrugge piano piano, continuamente.
E ciò che è peggio è che non desiderano essere aiutati, sebbene ne abbiano bisogno.

Melanie Bishop, Virginie Saintsimon, Coco Aguilar, Daphne Kim e Yahn Fharsen sono la realtà del Core che emerge in tutta la sua contraddizione. Un sistema Central che vuole saper condurre, che vuole tutelare, che vuole agire come motore, ma che sente su di sè il peso del passato, le occasioni mancate, i tentativi di riscatto sprecati e le sofferenze delle scelte presenti.

Tutte queste persone gridano, hanno bisogno di aiuto, un aiuto che non è fisico, è mentale, psicologico.
Ho sempre avuto timore nell'esercizio della psichiatria e della psicologia: troppo potere tra le proprie mani, oltre che di vita o di morte anche di influenza e condizionamento dello spirito e del carattere.

Eppure i miei sforzi stanno andando in questa direzione, nonostante le mie paure e le mie reticenze, perchè ho la facoltà di farlo e avere la possibilità rende responsabili delle proprie scelte.

La fuga, anche in questo caso, sebbene giustificata e forse anche comoda, non è la soluzione.